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Il litorale abruzzese in provincia di Chieti è caratterizzato da calette, promontori, scogliere alte e frastagliate, questo tratto, che si estende da Ortona a San Salvo, comprendendo San Vito Chietino, Rocca San Giovanni, Fossacesia, Casalbordino e Vasto, è noto come “Costa dei Trabocchi” e assume il nome, appunto, dal trabocco, antica e tipica costruzione marinara, che è frequente incontrare sulla costa e ne è diventata il simbolo. I trabocchi sono strane e complesse macchine da pesca, issate su palafitte con una ragnatela di cavi e assi. Non hanno una forma sempre uguale, ma, nelle loro parti essenziali, consistono in piattaforme, composte da tavole e travi non completamente connesse, elevate su primitivi pilastri conficcati sul fondo del mare o su scogli, e congiunte alla vicina riva da esili passerelle di legno. Dalle piattaforme si staccano le antenne, che sostengono le reti (dette “trabocchetti”) per mezzo di un complicato sistema di carrucole e funi.

 

 

I trabocchi hanno un’architettura leggera, ma solida, in grado di sopportare il peso della robusta rete da pesca e le sollecitazioni delle tempeste marine, dopo ogni tempesta hanno bisogno di aggiustamenti e riparazioni. Sul trabocco operano i "traboccanti", che, oltre alla pesca, pensano anche alle riparazioni e sono depositari e custodi di un’antica e affascinante arte, apparentemente primitiva e improvvisata, ma in realtà evoluta quanto le più complesse tecniche ingegneristiche. I materiali adoperati sono i più vari e inizialmente erano legati alle disponibilità locali: l’olmo, l’abete e l’acacia erano i legni più usati, insieme alle corde di canapa. Oggi si adoperano molto anche i fili di ferro e le traversine della ferrovia. Il complesso gioco di fili, corde e pali, che si intrecciano tra loro, li rendono simili a “ragni colossali”, come dice il celebre poeta abruzzese Gabriele D’Annunzio.

Molto del fascino, che i trabocchi emanano e che sta conquistando i turisti e i visitatori provenienti anche dall’estero, deriva soprattutto dai luoghi in cui sono posizionati. Nella maggior parte dei casi, infatti, i trabocchi sorgono lungo le sporgenze della costa, dove questa forma una punta sul mare e dove dalla riva si diparte una fila di scogli che permette di raggiungere un punto avanzato sull’acqua, in modo da poter permettere la pesca su uno specchio profondo, dove possono essere sfruttate le correnti che fiancheggiano la costa.

La tecnica usata dai traboccanti per pescare prevede che le ampie reti (che tecnicamente sono delle reti a bilancia) vengano calate a mare con un argano girevole (spesso elettrico), fissato nel centro della piattaforma. Di tanto in tanto, vengono rialzate un poco sul livello del mare. I pesci intrappolati, per lo più cefali, spigole, aguglie e pesce azzurro in generale, restano sospesi fuori dall’acqua, nel cavo della fittissima rete, il “trabocchetto”, finché non vengono tirati su con un guadino, detto anche “volega”, che è un retino conico, dotato di lungo manico. Il termine “trabocco” deriva proprio da quello della rete, detta trabocchetto, la quale è usata anche nell'uccellagione ed è sinonimo di “trappola”, in quanto il pesce cade in trappola nella rete.

 

 

Le origini dei trabocchi sono in parte ancora oscure. Pare comunque certo che la loro costruzione risalga all’VIII sec. d.C., quando contadini-pastori, non esperti di flutti e di barche, intuirono però che potevano integrare il loro raccolto agricolo, proiettandosi sul mare aperto con veri e propri prolungamenti della terra, ovvero con palafitte piantate sugli scogli sottostanti. I primi traboccanti, dunque, non sarebbero stati pescatori, ma agricoltori.

Oggi, dopo un periodo di scarso utilizzo e di oblio, i trabocchi sono tornati al centro dell’attenzione, molti sono stati recuperati e resi funzionanti, molti sono stati trasformati in ristoranti e sono considerati un importante patrimonio culturale e ambientale, divenendo motivo di attrazione della costa, su cui sorgono.

Anche il grande poeta abruzzese Gabriele D’Annunzio amava i trabocchi e, infatti, sulla costa dei trabocchi tra San Vito Chietino e Fossacesia, vi è un eremo dove nell’’800 vi fu costruita una casa da pescatori, che Gabriele d'Annunzio nel 1889 acquistò e ristrutturò per il suo soggiorno personale assieme all'amante Barbara Leoni. La casa e l'eremo tutto è chiamata eremo dannunziano, o promontorio dannunziano, ed oggi è un museo privato.

 

I ragazzi del Quadrifoglio