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Durante la pandemia Covid19 è stato inserito, tra le nostre attività riabilitative che svolgiamo, un nuovo progetto intitolato "Coraggio delle donne, valori e non valori". Il progetto ci ha sensibilizzato e informato sul tema dei “non valori”: l’odio, l’egoismo, la paura, l’opportunismo e soprattutto la violenza sulle donne, sentimenti che con la pandemia Covid 19 iniziano a prevalere e ad aumentare sempre più. Il “femminicidio”, atto di violenza estrema sulle donne, può essere la conseguenza di diversi sentimenti di odio maturati durante la crescita personale e formativa nella vita di ognuno di noi. La tematica del “bullismo”, altro aspetto della violenza, che abbiamo affrontato approfondendone tutti gli aspetti psicologici, che porta i ragazzi a crescere in una dimensione in cui la violenza appare “socialmente convenzionale” e molto spesso sfocia in odio e violenza nell’età adulta. Per questo le attività che abbiamo svolto in questo laboratorio, hanno l’obiettivo generale di farci apprendere informazioni adeguate per rafforzare la consapevolezza in tali problematiche indispensabili per il raggiungimento del successo riabilitativo da parte di ognuno di noi. Abbiamo partecipato quindi a degli appuntamenti nei quali la problematica è stata affrontata sia dal punto di vista psicologico che sociologico, per aiutarci ad individuare il senso del nostro esistere come individui e come collettività, affinché possiamo investire nelle nostre risorse in un processo di crescita e consapevolezza.

La violenza contro le donne rappresenta un importante problema al giorno d'oggi, in quanto violazione dei diritti umani.

La violenza ha effetti negativi a breve e a lungo termine, sulla salute fisica, mentale, sessuale e riproduttiva della vittima. Le conseguenze possono determinare per le donne isolamento, incapacità di lavorare, limitata capacità di prendersi cura di sé stesse e dei propri figli. Gli effetti della violenza di genere si ripercuotono sul benessere dell’intera comunità. Per questo ci siamo confrontati su alcune storie di donne vittime di violenza che hanno raccontato la loro vicenda, attraverso interviste e videoproiezioni. Queste attività ci hanno reso più sensibili alla tematica della violenza di genere, oltre che stimolato ad un confronto sul profondo cambiamento di valori che la nostra società sta vivendo. Abbiamo compreso che ci dirigiamo verso una realtà in cui sempre più troviamo sentimenti di odio, di opportunismo, di egoismo, che rendono la vita collettiva priva di valori positivi come altruismo, gentilezza, umiltà, fondamentali per costruire un mondo migliore.

Abbiamo raccolto dati scientifici sulla violenza contro le donne durante la pandemia Covid-19, per capire quanto questo fenomeno stia crescendo.

Laddove le famiglie sono più a stretto contatto e trascorrono più tempo assieme, come avvenuto durante l’attuale pandemia, aumenta il rischio che le donne e i figli siano esposti alla violenza soprattutto se in famiglia vi sono gravi perdite economiche o di lavoro. Man mano che le risorse economiche diventano più scarse, possono aumentare anche forme di abuso, di potere e di controllo da parte del partner. I dati Istat indicano che le chiamate al numero antiviolenza 1522 nel periodo 1 marzo-16 aprile 2020 sono state 5.031, il 75% in più rispetto al medesimo periodo del 2019. Nel Periodo compreso tra marzo e giugno 2020 il numero delle chiamate sia telefoniche sia via chat al numero antiviolenza 1522 secondo i dati Istat è più che raddoppiato rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (+119,6%), passando da 6.956 a 15.280. Nel mondo la violenza contro le donne interessa 1 donna su 3. In Italia i dati Istat mostrano che il 31,5% delle donne ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Le forme più gravi di violenza sono esercitate da partner o ex partner, parenti o amici. Gli stupri sono stati commessi nel 62,7% dei casi da partner. Secondo il Rapporto Istat 2018 sulle vittime di omicidi, il 54,9% degli omicidi di donne sono commessi da un partner o ex partner, il 24,8% da parenti, nell’1,5% dei casi da un’altra persona che la vittima conosceva (amici, colleghi, ecc.)   

Questi dati evidenziano le gravi dimensioni del fenomeno che costituisce un rilevante problema per tutti noi, oltre che una violazione dei diritti umani.

Abbiamo dunque ritenuto necessario calarci in un progetto sul tema de “il coraggio delle donne” realizzando una serie di attività e laboratori volti alla conoscenza della tematica e a sviluppare una consapevolezza di come questo problema si è manifestato in passato nelle nostre vite in modo da comprendere quanto sia facile cadere nella trappola dei non valori. Infatti la problematica della violenza è stata vissuta in prima persona da molti di noi, in alcuni episodi di vita precedente al percorso riabilitativo, per questo è stato importante poter lavorare su tale tematica e sull’impulsività che c’è alla base, raggiungendo una maggiore consapevolezza e migliorando il nostro rapporto con la collettività.

Nella parte sociologica, siamo rimasti colpiti dalla storia di Agitu Ideo Gudeta, l'esempio più forte di "coraggio delle donne".

Agitu è stata un'imprenditrice ed ambientalista etiope, emigrata in Italia a causa del suo attivismo politico contro l'accaparramento di terre in Etiopia da parte dei militari per le società internazionali, ed è diventata un simbolo nazionale dell'ambientalismo e dell'integrazione dei rifugiati nella società italiana.

Dopo aver conseguito la laurea in sociologia all'Università di Trento, tornò nel suo paese di origine, dove fu coinvolta nelle proteste ad Addis Abeba, contro l'industrializzazione non regolamentata e l'accaparramento di terre da parte del governo etiope per conto di società internazionali.

Nel 2010 fuggì dal conflitto ed emigrò in Italia come rifugiata in Trentino Alto Adige, dove apprese sul campo le metodiche dell'agricoltura locale. Grazie alle conoscenze ricevute dalla nonna materna, fondò, prima in Val di Gresta e poi in Valle dei Mocheni, "La Capra Felice", un allevamento di capre su un terreno comunale precedentemente abbandonato.

La sua azienda agricola produceva latticini con metodi naturali e prodotti di bellezza a base di una razza autoctona, la capra Pezzata Mòchena e nel 2015 vinse anche il premio della resistenza casearia.

Il 29 dicembre 2020 è morta, all'età di 42 anni, nel suo appartamento a Plankerhoff, una frazione di lingua tedesca nei pressi di Frassilongo a seguito violenza brutale ricevuta da parte di un lavoratore stagionale ghanese da lei precedentemente assunto.

Per tutti noi Agitu è diventata il simbolo della resistenza e del coraggio di tutte le donne.

Oltre ad Agitu, ci siamo confrontati sul coraggio delle donne afghane durante il ritorno al potere dei talebani in Afghanistan. Siamo rimasti colpiti dalla disperazione della popolazione che premeva sull’aeroporto nella speranza di potersi imbarcare in uno degli aerei che in continuazione decollavano dalle piste e dallo smarrimento e sfinimento dei civili e dei soldati addetti all’evacuazione. Due gli episodi che ci hanno profondamente scosso: il vedere le madri che, attraverso la recinzione, passavano i loro bambini ai soldati americani e l’attentato dell’Isis, che ha fatto 95 vittime. E' per questo che continueremo a portare avanti questo progetto, con approfondimenti sul coraggio delle donne Ucraine in questo periodo di guerra, sulla loro resistenza durante l'invasione russa. Abbiamo compreso, in queste attività, che la guerra segna e unisce. Ne sanno qualcosa, purtroppo, le donne in Ucraina che, con lo scoppio della guerra, hanno provato sulla loro pelle la paura per i loro figli, per la famiglia, la paura di non farcela a sopravvivere, la paura del futuro. In questi giorni di guerra dall’Ucraina abbiamo visto nel documentarci tante immagini forti, di donne che scappano dal loro Paese con poche cose utili e i visi provati dalle lacrime. Donne che prendono per mano i loro bambini, si fanno carico dei loro bagnagli e fuggono alla ricerca di un riparo sicuro. Donne che si schierano apertamente contro la guerra.

Tutti insieme, noi ragazzi del Quadrifoglio, vogliamo augurarci che le guerre non esistano più, perchè come diceva Gino Strada "Le guerre non sono la medicina giusta, le guerre non servono, uccidono e non curano. Se l'uomo non buttera fuori dalla storia la guerra, sarà la guerra che butterà fuori dalla storia l'uomo".

 

I ragazzi del Quadrifoglio