Atessa (L’Atésse in dialetto atessano) è un comune di 10.575 abitanti della provincia di Chieti in Abruzzo e si snoda su un rilievo a forma di mezzaluna. Fa parte della Comunità montana Valsangro ed è il più grande comune della provincia per estensione. Si trova nella bassa valle del fiume Sangro e i suoi territori degradano dolcemente fino a raggiungere la vasta piana alluvionale del Sangro. La quota minima è di 55 m s.l.m., a cui si giunge sulle rive del fiume, mentre quella massima è di 876 m s.l.m. nei pressi della località Fonte Campana con un dislivello di oltre 800 metri: un passaggio, che varia dai caratteri di pianura a quelli di bassa, media e alta collina. L’altitudine del municipio è di 435 m s.l.m.
Le origini di Atessa si fanno risalire alla leggenda di San Leucio e di un gigantesco drago. Quest’ultimo sarebbe vissuto nel vallone di Rio Falco, che separava i due colli, su cui sorgevano i nuclei abitativi di Ate e Tixa. Secondo la leggenda il drago seminava il terrore nella zona, tanto che neppure i lupi osavano frequentare i luoghi della sua dimora, ed esigeva dagli abitanti dei due paesi un tributo di carne umana per il suo pasto giornaliero, pena la devastazione degli abitati e il massacro della popolazione. Solo l’arrivo di Leucio, vescovo di Brindisi, pose fine al sacrificio di tante vite innocenti. Sorretto dalla forza della fede, il vescovo riuscì a uccidere la bestia e a portarla fuori dalla grotta, in cui si rintanava. Le due città di Ate e Tixa furono così riunite in Atessa. Al popolo venne donato il sangue nero del drago per esorcizzare i mali e per curare le malattie. Del corpo della bestia, San Leucio lasciò solo un’enorme costola, che volle fosse conservata in eterno dentro una chiesa da edificare e intitolare a suo nome. In effetti, la cattedrale della città è intitolata proprio a San Leucio e vi si conserva una reliquia, che la devozione popolare ritiene essere la costola del drago. I dati in nostro possesso non ci permettono di fissare coordinate storiche ben precise sulla figura di San Leucio, che probabilmente è vissuto tra la fine del IV secolo e l’inizio del V secolo.
Le vere origini di Atessa secondo alcune fonti risalgono al V secolo d.C. dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente. In seguito fu feudo di vari signori tra cui: dei Courtenay o Cortinaccio, di Filippo di Fiandra, dei Maramonte, del Conte di Monteodorisio, del re Ferrante e dei Colonna. Dopo la fine del feudalesimo il territorio versò in miseria. Successivamente si ebbe una breve ripresa sotto il casato dei Borbone, ma una successiva epidemia di colera, che colpì il paese tra il 1816 e il 1817 portò di nuovo il paese in miseria. Nel 1860 la cittadinanza partecipò con grande entusiasmo all’unità d’Italia ma, in seguito, dovette fare i conti col brigantaggio. Nella prima metà del XX secolo il paese partecipò alle due guerre mondiali, perdendo 135 paesani nella prima e 79 militari e 21 civili nella seconda guerra mondiale. In seguito, negli anni settanta e ottanta del XX secolo, la zona subì una radicale trasformazione economico-sociale per via dello sviluppo industriale della Val di Sangro.
Oltre allo sviluppo economico con l’apertura del complesso industriale Honda-Sevel, la città vanta un grande patrimonio storico e artistico, essendo una città molto fiorente durante il Medioevo, prediletta inoltre dalla regina Giovanna II di Napoli nel XV secolo. La città conserva perfettamente il centro storico di stampo rinascimentale-seicentesco, con sparuti resti delle antiche mura medievali nelle porte urbiche di San Michele, di San Giuseppe, di San Nicola e Santa Margherita. La città si divide in due tronconi: il primo è quello più antico, rappresentato dalla mole della Cattedrale di San Leucio, e al suo estremo, verso la piana del Sangro, dalla chiesa fortificata di Santa Croce; mentre il secondo troncone è attraversato dal corso Vittorio Emanuele e passa, attraverso l’Arco ’Ndriano (ex Porta San Nicola), da Piazza Garibaldi al colle di San Cristoforo con la colonna votiva innalzata sulla cima, dove si trova anche la villa comunale.
Il Duomo di San Leucio del XIII secolo è la chiesa patronale di Atessa ed è intitolato a Leucio d’Alessandria, primo vescovo di Brindisi. La prima chiesa intitolata a San Leucio risale all’874. Si ha notizia di un restauro avvenuto nel 1312, in occasione del quale sarebbero stati realizzati il rosone dalla scuola lancianese di Francesco Petrini e le rappresentazioni simboliche dei quattro evangelisti sulla facciata. Una nuova ristrutturazione nel 1750 portò all’ampliamento a cinque navate, alla costruzione del campanile e al rifacimento della facciata. Con un’invasiva opera di restauro nel 1935 fu ripristinata su commissione della Soprintendenza abruzzese l’originale facciata medioevale con un timpano triangolare. Due rampe di accesso congiungono la superficie stradale con i tre portali. Di questi ultimi, tutti a sesto acuto, quello centrale presenta una decorazione più ricca. In asse con il portale, proseguendo verso l’alto, si trova una nicchia contenente una statua di San Leucio, che a sua volta è affiancata da altre due per lato, nelle quali sono rappresentati i simboli degli evangelisti. Il rosone a raggi è sormontato da una piccola edicola contenente la scultura dell’agnello sacrificale.
L’ambiente interno, alquanto ampio in larghezza, ma piuttosto ridotto in lunghezza, è interamente rivestito di decori tardo-barocchi dalla tonalità rosso-bruno, oro, beige e grigio, imitando le vene naturali del marmo. Alle pareti laterali è addossata una serie di tredici altari in marmo, sopra i quali sono apposti quadri ad olio con figure di santi, molti dei quali ex voto. Nella navata centrale campeggia un pulpito riccamente intagliato in noce, un altrettanto decorato coro ligneo, una cattedra prepositurale (cioè, un trono, su cui siede il prevosto, parroco dotato di preminenza su altri parroci) e la cassa dell’organo, opere dei fratelli Mascio di Atessa e risalenti al XVIII secolo. Lo scranno centrale è sovrastato da una tela di Ludovico Teodoro, raffigurante San Leucio, datata 1779. Gli affreschi, che decorano la volta, sono opera di Teodoro Trentino e dell’atessano Ferri, riconducibili al XVIII e XIX secolo. Presso la sacrestia si trova una costola fossile del mitico “dragone”, in realtà appartenente ad un mammifero di grossa taglia, probabilmente donato alla chiesa come ex voto in epoca medioevale. Il cosiddetto “tesoro” della chiesa di San Leucio è costituito da opere di oreficeria, materiale archivistico, un ricco corredo di paramenti, statue, arredi, candelabri e tessuti ricamati, messi insieme dalla devozione dei fedeli locali e dal clero. Spiccano, in particolare, l’ostensorio in argento dorato di Nicola da Guardiagrele del 1418, lavorato a cesello e bulino e con smalti e lavorazioni in filigrana, su cui sono rappresentate varie figure, che culminano con San Michele, che brandisce la spada. Sono poi da ricordare la croce processionale, anch’essa attribuita a Nicola da Guardiagrele, il busto di San Leucio in argento dorato, fuso a Roma nel 1731, ma terminato solo nel 1857, e i messali miniati del XV e XVI secolo, a cui si aggiungono libri corali, pergamene, cartegloria, calici, croci, reliquiari e gioielli, donati da privati come ex voto per la grazia ricevuta.
La Chiesa di Santa Croce del XIV secolo è una chiesa medievale fondata su una cappella del Mille. È una delle più antiche chiese della città di Atessa ed è situata sull’estremità del colle Tixa, uno dei primi nuclei abitativi della città. Dopo restauri settecenteschi, la chiesa oggi presenta una facciata con un caratteristico paramento murario a pietre a vista. Sotto il rosone gotico si trovano due finestre barocche, una monofora romanica e il portale a sesto acuto. A lato della facciata vi è il robusto campanile settecentesco in cotto con una grande cella campanaria sulla sommità. L’interno stuccato in stile barocco ha una pianta basilicale con tre navate senza cappelle laterali e sulla controfacciata è dislocata la cantoria lignea, decorata con pitture monocrome, che accoglie un organo ottocentesco. L’abside quadrangolare, coperto da una cupola senza lanterna, è delimitato da una balaustra semicircolare in marmi bicromatici. Sotto l’arco absidale vi è il moderno altare maggiore in legno, fiancheggiato da un ambone (la tribuna sopraelevata, dalla quale vengono proclamate le letture) della stessa fattura. Tra le altre opere di pregio si possono annoverare la piccola statua lignea di Maria Santissima delle Grazie, le statue di San Francesco d’Assisi (1885) e dell’Immacolata Concezione (1889) dell’artista atessano Gabriele Falcucci e due statuine raffiguranti i Santi Andrea e Lorenzo, poste vicino al fonte battesimale.
Il Convento di San Pasquale con annessa Chiesa di Santa Maria degli Angeli, edificato tra il 1408 e il 1431 e ubicato in località Vallaspra, è un monastero, frequentato dai pellegrini del tratturo di Fara San Martino, usato anche nel XVII secolo come lanificio. La chiesa ha facciata ampia con frontone. Un grande arco introduce il portico medievale, mentre all’interno vi è un chiostro rinascimentale. La chiesa ha un interno barocco con il soffitto a cassettoni lignei decorati.
La Chiesa della Madonna Addolorata è una chiesa del XVII secolo, ristrutturata dopo la guerra. Ha un impianto rettangolare a navata unica. Sulla facciata vi sono due nicchie con statue raffiguranti San Martino di Atessa e San Gabriele dell’Addolorata.
Tra le altre architetture religiose ricordiamo: la Chiesa della Madonna della Cintura (XIV secolo), la Chiesa di San Pietro (1467), la Chiesa di San Vincenzo Ferrer (1847), ubicata in contrada Montemarcone, la Chiesa di San Rocco (XVII secolo), la Chiesa di Sant’Antonio (XVII secolo), la Chiesa di San Michele (XVIII secolo) e la Chiesa di San Domenico (1566).
Passiamo ora alle architetture civili.
Casa De Marco, risalente almeno al XV secolo, si suppone fosse il castello medievale, successivamente ampliato e poi trasformato in residenza nobile nel XVIII secolo. Ha l’esterno fortificato, caratterizzato da un’antica finestra ad arco acuto, che in alto è contornata da una ricca ed aggettante cornice, che è decorata con motivi vegetali e che presenta agli estremi dei capitelli pseudo-corinzi, mentre in basso ai lati ha due leoni su mensole. La finestra è attribuita da alcuni storici locali alla scuola lancianese del Petrini. Oggi ospita il Museo Etnografico.
Palazzo Marcolongo, situato in Largo Castello e costruito nel 1724, è l’unico esempio ad Atessa di barocco napoletano ed è arricchito da un bel portale.
Tra gli altri palazzi di interesse architettonico abbiamo Palazzo Coccia-Ferri, che si trova nel quartiere San Michele, risale al 1569 ed è una struttura signorile, modificata nel corso del tempo, perdendo parte dell’arte tipica rinascimentale originale, e Palazzo Spaventa, che si trova in piazza Garibaldi, realizzato in laterizio e bugne, risalente al XIX secolo, fatto costruire dai parenti del famoso Silvio Spaventa, politico e patriota italiano, e danneggiato dai bombardamenti della seconda guerra mondiale.
L’Arco 'Ndriano o Porta San Nicola è la più grande porta della città di Atessa e la sua origine risale all’anno mille. Nella seconda metà del settecento, in conseguenza ad un totale stato di abbandono, la porta fu abbattuta e la nuova porta neoclassica fu terminata il 21 settembre 1780. Si trova lungo Corso Vittorio Emanuele e faceva parte della cinta muraria di Atessa. Essa avviava alla strada per la piazza della chiesa di San Rocco, è realizzata in laterizio con alcuni inserimenti in pietra, ha uno spessore molto ampio ed ha un rialzo superiore, inizialmente utilizzato come appartamento delle guardie e successivamente come abitazione privata.
La Porta di Santa Margherita si trova nel quartiere di Santa Croce. Il fornice alla base è collegato, tramite una ripida scalinata, ad un sentiero dove sono ancora visibili alcuni resti del circuito murario e tramite il quale si accede alla vicina Porta di San Giuseppe. La datazione è incerta, da alcuni viene fatta risalire al VI secolo, mentre da altri all’XI. Al contrario si può confermare la sua esistenza nel XIV secolo, quando immediatamente fuori le mura ed adiacente alla porta, venne eretta la chiesa di Santa Margherita, dalla quale prende il nome la porta stessa. La chiesa verrà poi adibita a ricovero per viandanti e bisognosi, fino a scomparire del tutto. Agli inizi del XV la porta ed il relativo sito vengono adibiti a presidio militare per il controllo dei numerosi banditi. Questo comportò alcune modifiche nella struttura architettonica della porta, quali l’inserimento di elementi come la balaustra e le feritoie. Nel XX sec. la porta fu oggetto di restauro conservativo e consolidamento strutturale. La porta era importante per il collegamento ed il commercio con le città di Lanciano, Chieti e la costa.
Tra le altre porte ricordiamo anche Porta San Michele o Porticella e Porta San Giuseppe o delle Fonti, che fanno parte delle 8 porte, da cui era accessibile la cinta muraria di Atessa.
La Colonna di San Cristoforo si trova sulla cima dell’omonimo colle a ridosso di piazza Garibaldi, il centro cittadino. Venne costruita in onore di San Cristoforo per invocare protezione dalla peste nel 1657. Venne restaurata nel 1955 a causa dei gravi danni subiti durante la seconda guerra mondiale. È realizzata in laterizio ed è composta da due piani a quattro facce, ognuno dei quali presenta degli archi a tutto sesto e in cima ai quali poggia la statua del Santo.
La Fontana Grande risale al 1460 e non è in buono stato di conservazione. La fontana è realizzata in conci di pietra calcarea ed è alta circa tre metri con 20 aperture, in cui si poteva porre il secchio o la conca per prelevare l’acqua.
Un’altra fontana di interesse è posta nella centralissima Piazza Oberdan, dove dal 2005 è stata installata la fontana ideata dal grande maestro Giò Pomodoro. La piazza è nota da sempre come Piazza della Fontana, in quanto anticamente vi era un’altra fontana. La nuova fontana è realizzata in candida pietra sfrangiata Gravina di Puglia e presenta una forma poligonale, in cui è racchiuso un parallelepipedo, che sorregge una spirale in bronzo, da cui fuoriesce il getto d’acqua, orientato verso la valle e verso il mare. Tutta la piazza, sede di mercato settimanale, è uno splendido belvedere verso la Maiella e la valle del Sangro fino alla linea blu cobalto del mare Adriatico.
Palazzo Ferri di Atessa in Corso Vittorio Emanuele dall’agosto 2010 è sede del prestigioso Museo Aligi Sassu, in cui sono esposte 210 opere su carta, eseguite tra il 1927 e il 1990 dal grande maestro pittore e scultore italiano.
La manifestazione più antica di Atessa si svolge dal 15 al 18 agosto e consiste nella celebrazione dei Santi Maria Assunta, Rocco, San Leucio ed Emidio, protettori della città, mediante una serie di spettacoli folcloristici e musicali. La prima e ultima domenica di maggio ha luogo la ’Ntorcia, in cui un cero viene portato fino a Fara San Martino con una marcia, che può durare anche 17 ore. Tale tradizione è legata a San Martino abruzzese, altro protettore di Atessa e nativo proprio di questa città. Secondo la leggenda Martino si fece frate e decise di andare a predicare in un piccolo convento a Fara San Martino. Tuttavia, in nome dell’amore che lo legava alla città di origine, il santo promise agli atessani bel tempo o piogge, secondo le necessità, se questi avessero invocato il suo nome con fede e avessero visitato ogni anno il suo romitorio, portandovi in oblazione una grande torcia di cera.
Le principali risorse economiche della Val di Sangro si concentrano nella zona industriale di Atessa, nella frazione di Saletti. Con l’industrializzazione degli anni settanta e ottanta, la struttura economica e sociale cittadina passò dal tipo agricolo-artigianale a una dinamica società di tipo industriale. Fornisce lavoro a buona parte della popolazione dei paesi circostanti, fermando il drastico spopolamento e l’emigrazione verso altre nazioni dai paesi dell’entroterra. I principali insediamenti industriali sono rappresentati dallo Stabilimento Sevel Val di Sangro, il più grande impianto di produzione di veicoli commerciali leggeri d’Europa, la Honda, che produce motoveicoli, la Honeywell, che realizza componenti per auto, la Pail serramenti, storica industria atessana, gli stabilimenti del Gruppo Cornaglia, operante nei settori automobile, camion e fuoristrada, e la Valagro, che offre soluzioni per la cura e il nutrimento delle piante.
Per quanto riguarda i prodotti tipici dell’agricoltura, sono molto rinomati i fichi reali di Atessa, che fanno parte dei Presidi di Slow Food, una fondazione che sostiene le piccole produzioni tradizionali, che rischiano di scomparire, valorizzano territori, recuperano antichi mestieri e tecniche di lavorazione, salvano dall’estinzione razze autoctone e varietà di ortaggi e frutta. La città di Atessa ha un legame millenario con la coltivazione del fico. In particolare, la varietà reale a polpa bianca e a polpa rossa, apprezzata da almeno due secoli, è perfetta per l’essiccazione. Raccolti uno a uno alla fine del periodo estivo, i fichi vengono esposti al sole per alcuni giorni, a questo punto sono tagliati, farciti con le noci e infornati per una decina di minuti; una volta raffreddati sono riposti con foglie di alloro in un luogo buio ed asciutto. Ogni anno il fico secco viene messo in commercio dopo il 4 ottobre. In cucina sono ingredienti di diverse ricette: biscotti, dolci, confetture, ma anche pani e piatti a base di carne e pesce.
Rinomati sono anche i liquori, in particolare il “Vallaspra”, digestivo a base di erbe, fiori e radici, e i torroni della ditta Piretti, che vanta una storia di oltre 200 anni e che gestisce anche l’antica Caffetteria Piretti in Piazza P. Benedetti, 1. Altra rinomata azienda atessana specializzata dal 1976 nella produzione di liquori e torroni è la “San Pasquale”, tra i suoi prodotti ricordiamo il digestivo alle erbe “San Pasquale”, ottenuto per infusione di 14 erbe aromatiche.
I ragazzi del Quadrifoglio