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Ne parlano tutti, se ne parla insistentemente da giorni. Tutti stanno scendendo in piazza, chi per dirsi a favore, chi per dirsi contrario. Sto ovviamente parlando dell'imminente referendum per l'abrogazione del divorzio, se non l'aveste capito.

Per chi si fosse perso qualche passaggio: qualche anno fa, il 1° dicembre 1970, il governo ha introdotto il diritto al divorzio (legge 898/70, Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), concedendo ai cittadini di esercitare questa pratica.
Fortunatamente però, alcune forze politiche hanno saggiamente organizzato un referendum abrogativo, che si terrà fra qualche mese, il 12 e 13 maggio 1974. Essendo un referendum abrogativo, che si propone di cancellare una legge, votando "sì" si manifesta l'intenzione di abolire il diritto al divorzio, votando "no" di mantenere il diritto.

Allora, vi voglio spiegare perché io sono l'abolizione del divorzio.

I motivi sono obiettivamente tanti e quindi qui vi riporterò solo i cinque che, a mio parere, sono più significativi, in ordine sparso.

Contro la religione e contro la Costituzione. Il divorzio non è riconosciuto da nessuna religione, tanto meno la nostra, quella cristiana. Tutto al contrario, semmai. Infatti, la Bibbia dice con chiarezza:

Agli sposati invece ordino, non io ma il Signore, che la moglie non si separi dal marito. E qualora si separasse, rimanga senza maritarsi, o si riconcili col marito. E il marito non mandi via la moglie.

Del divorzio, non troviamo traccia nemmeno nella Costituzione, per chi volesse proprio appellarsi alla laicità. Infatti anche qui, i nostri padri costituenti, in tutta la loro saggezza, hanno stabilito che:

La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.
Il matrimonio è ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare

Non solo, dunque, non si trova traccia di alcun riconoscimento del divorzio. Ma, al contrario, la Costituzione si fa garante dell'unità familiare.

Il valore di un contratto. Il matrimonio altro non è che un contratto tra parti - in questo caso due, un uomo e una donna. Se offriamo alle persone la possibilità di annullarlo per qualsiasi vezzo o capriccio del momento («non ho più molta voglia di essere tua moglie»), peggio se questo può essere fatto a partire dalla volontà di uno solo dei due coniugi (come vorrebbe qualcuno), allora sostanzialmente annulliamo il valore di ogni contratto.
Se salgo sull'altare e pronuncio le fatidiche parole («sì, lo prometto», «sì, per sempre»), ma poi in qualsiasi momento posso dire «no, scusate ma mi sono sbagliato, ci ho ripensato» e magicamente si annulla tutto, allora le persone saranno portate a pensare che ogni accordo, ogni impegno, ogni responsabilità assunta può essere abbandonata in qualsiasi momento, anche per una semplice questione di opportunismo.
In altri termini, il diritto al divorzio deresponsabilizza le persone, installando l'idea che: un impegno è un impegno, ma anche no, se non ne ho più voglia.

Aumento dei rapporti extra-coniugali (tradimenti). Oggi, prima di tradire il proprio partner, ci si pensa due volte: sappiamo che se si venisse scoperti, sarebbero guai seri e l'altro coniuge vorrà fare i conti.
Con il divorzio, al contrario, i tradimenti potranno essere portati avanti con maggiore leggerezza: si continuerebbe ad essere sposati, peraltro come se nulla fosse, poiché se anche si venisse scoperti, beh, c'è il divorzio a risolvere il problema.
Insomma, il diritto al divorzio farà aumentare esponenzialmente i casi di tradimento.

I bambini. Probabilmente, la questione più importante. Cosa diremo ai nostri figli? Un bambino, si sa, non ha gli strumenti e le capacità per comprendere cosa possa mai significare il divorzio. Dunque come spiegheremo ai nostri figli che «mamma e papà non vogliono più essere mamma e papà»?
Comprenderanno? E proprio perché non possono comprendere una questione così complessa, facilmente crederanno che i loro genitori non li vogliono più come figli, che sono proprio loro, i figli, l'oggetto dell'abbandono.
Ancora, i figli potrebbero essere affidati a uno solo dei due coniugi, quindi avremo bambini che cresceranno senza la mamma o senza il papà. Può essere accettabile un'eventualità del genere? E lecito accettare che per garantire il diritto al divorzio, si neghi ai bambini il diritto di crescere con una mamma e un papà? Decisamente no, direi.
Ancora, di conseguenza, questi bambini saranno derisi e emarginati dai loro coetanei: «tu hai solo la mamma» o «che fine ha fatto il tuo papà?». Oppure, peggio ancora: «la tua mamma non ti ha più voluto» o «il tuo papà si è stufato di te e se n'è andato». Un motivo di eccessiva emarginazione sociale, specie ai danni dei più piccoli.

Decoro pubblico. È lecito presumere che, successivamente al divorzio, le persone potrebbero volere un nuovo partner e magari sposarsi nuovamente. Una seconda, una terza o persino una quarta volta. E, come se non bastasse, da queste nuove relazioni potrebbero nascere altri figli: figli, figliastri, fratellastri e sorellastre.
Ora, senza che io stia qui ad argomentare oltre quanto dovuto, vi apparirà evidente come si ponga un'importante questione di decoro pubblico. Francamente, io non voglio vedere andare a spasso marito, moglie, ex-moglie, ex-ex-moglie, due figli diversi da ognuna di queste per un totale di sei figli e figliastri.


Questo è un post sarcastico. Eppure è un post serio, serissimo.

Facendo una ricerca storica, si scopre che in tema di introduzione di nuovi diritti e di estensione di diritti già esistenti, le motivazioni dei contrari sono sempre sulla stessa falsa riga. Le ipotesi apocalittiche fanno sempre riferimento a una distruzione della società umana come (fino a quel momento) conosciuta. Qualsiasi sia il diritto in questione e qualsiasi sia il periodo storico di riferimento, anche se le motivazioni si sviluppano verso diverse direzioni, hanno tutte lo stesso punto di partenza: la paura verso ciò che è non è ancora conosciuto.

Se prendiamo un qualsiasi diritto oggi universalmente riconosciuto come "normale" (come il divorzio), perché ampiamente diffuso e praticato, e andiamo a rintracciare le argomentazioni di chi a suo tempo era contrario, adesso ci fanno sorridere. Le troviamo semplicemente ingenue e fantasiose.
Eppure sono le stesse argomentazioni che oggi vengono utilizzate, allo stesso modo, per contrastare nuovi e altri diritti.

In questo post ho scelto il divorzio, ma avrei potuto scegliere qualsiasi altra cosa. Il punto è questo: molti esponenti politici che oggi sono contrari alle unioni civili, specie tra persone dello stesso sesso, sono divorziati. Molti si sono anche risposati, alcuni anche più di una volta. Molti altri hanno tradito il coniuge. È normalità, ci mancherebbe.
Eppure sono fermamente convinto che, se fossero nati quarantanni prima, si sarebbero scagliati contro il diritto al divorzio avanzando le stesse argomentazioni che praticano oggi.


L'istituto Luigi Sturzo raccoglie molto materiale storico e permette di ricercare all'interno dei suoi archivi. Qui trovate molto materiale riguardo la discussione che negli '70 riguardava l'abolizione del divorzio.

Qualche manifesto significativo:
http://digital.sturzo.it/manifesto/1042382
http://digital.sturzo.it/manifesto/1042374
http://digital.sturzo.it/spogliogenerale/1974/19740425/31/16/lalegc
http://digital.sturzo.it/spogliogenerale/1974/19740419/31/12/lalegc
http://digital.sturzo.it/manifesto/1042377
http://digital.sturzo.it/manifesto/1042375