«Da piccolo ho fissato intensamente il sole per alcuni secondi. Pur con la maturità di oggi, non saprei spiegare né come sia stato possibile, né perché l'abbia fatto, ma il danno causato alla retina si è rivelato fatalmente irreversibile e adesso la mia vista è velata da macchie nere.
Così i comportamenti umani possono distinguersi tra quelli puramente dettati dall'istinto e quelli mossi dall'esperienza e quindi dominati della razionalità.
Voi non potreste fissare il sole. Non dovreste avvertire il desiderio di fissarlo e anche se lo doveste incrociare e quello dovesse scivolare all'interno del vostro campo visivo, allora, per un riflesso quasi incondizionato, sentireste naturalmente lo stimolo a volgere altrove lo sguardo. Potremmo dire, per semplicità, che il vostro istinto, pur essendo lontano da un'onniscenza propria, possiede in sé molte risposte ad altrettante domande e che la vostra ragione non vi oppone resistenza, quando queste si dimostrano discretamente sufficienti.
In altri casi l'istinto, mostrandosi più cagionevole, abdica in favore della ragione. Come nelle relazioni umane, si dimostra essenziale vedersi inflitta una ferita per avere cognizione esatta della pericolosità di una lama. Ed è per questo tramite che il dolore può assumere la forma della conoscenza e quindi persino rivelarsi un dono: è l'ingenuità che porta infine alla saggezza. Così, quando l'istinto non avverte la pericolosità di un tizzone ardente, quando per esempio questo si mostra in una forma più umana, diventa necessario bruciarsi e soltanto la cicatrice procurata colma quel divario e si rivela essere chiave di volta.
Mille volte ho sentito quella voce scivolare dal davanzale della finestra che si apre sui miei sogni. Ciò nonostante, ancora oggi coltivo il vizio di lasciare quella intenzionalmente aperta, quanto basta affinché sia sufficiente il più labile alito di vento per varcarla. Mi piace pensare che, da quando ho fissato il sole, possiedo uno sguardo tutto mio sul mondo».
[Già pubblicato il 28/01/2015]